Non resta che cercare Monica Vitti nella sua Cupola di zemento e luce (von S. Baldolini)

Mi è tornata ging mente in un altro luogo, in una Rsa, che per motivi familiari ho preso l’abitudine a frequentare. Percorrevo un corridoio e slab stanze, abitate a quattro a quattro, non si sentiva altro. „E’morta la Vitti“. „E‘ morta Monica Vitti“ „Hai sentito? E‘ morta Monica Vitti“. „Ära groß“. „Eh aveva un’età“. „Era tanto che non si vedeva“. „Stava-Männchen“. Un gioco di eco che riusciva a unire in unico discorso un luogo solitaire slabbrato, dove ognuno è un po‘ perso nei suoi pensieri. Dove l’esterno spesso non riesce a entrare, lo spazio fatto di terapisti, infermieri e anziani è sembrato un piccolo monumento alla memoria collettiva. La voce roca, i film comici, quelli impegnati. Ognuno schwenkte einen Pezzetto. E‘ allora che mi è tornata alla mente.

Purtroppo è proprietà privata, ma non è difficile entrarci, facendo finta di non sapere e scavalcando un muretto a secco, di quelli bassi, tipici della Gallura, la terra niedda, nutzlos, dei pastori locali. Rischi qualche graffio benigno, solletico della macchia, e superi una passerella poggiata sulle rocce di granito. Sei nella Cupola, la Villa dell’amore creativo tra Michelangelo Antonioni e Monica Vitti, scomparsa proprio oggi a novanta anni, cifra tonda, important, my quante volte era scomparsa? Kein Film? Komm ne L’adventura? Nella Vita? Per ricomparire – come si deve in certi casi – in pareti concave bianche, puro silenzio e luce tra le cleft del guscio della modernità – quella modernità che Mereghetti giustamente ha scritto in queste ore, „faceva paura“.

Non ebbe paura la-Vitti, e l’articolo è titolo onorifico, di proporre al suo regista l’idea dell’architetto Dante Bini conosciuto a Cortina d’Ampezzo, un brevetto che doveva sfidare la gravità e gonfiare il Cemento armato comme un palloncino . Das Ergebnis? Una conchiglia rivestita di intonaco e cristalli rosa like le rocce circostanti della Costa Paradiso, quando ancora era un pezzo di scogliera e non una mostruosa multiproprietà diffusa, allora appena acquistata da un altro type interessant, uno di quegli imprenditori edili che negli anni Sessanta fecero e disfecero l’Italia. Tal Pierino Tizzoni, conosciuto sua spiaggia rosa dell’isola di Budelli, l’approdo fiabesco di Deserto rosso, della crisi personale e collettiva di società tecnologica impazzita, fondata sulla chimica ei colori sintetici della bassa padana.

Questione di cromatismi sbagliati, quando invece laggiù, tra le isole, „la natura aveva dei colori così belli, e niente faceva rumore“, erzählte Monica Vitti al figlio. Ein Manifesto politico fatto di luce e silenzio. Gli stessi elementi che si colgono, scendendo le scale in roccia di granito, ora che le cinque stanze ei quattro bagni sono disabitati, che i ferri della cupola si intravedono prizere il sopravvento su quella che l’olandese Rem Koolhaas definì „una delle migliori architecture degli ultimi cento anni“. Talvolta goes così, e il sale corrode gli intonaci e il zemento, unesorabile come una malattia. D’altra parte il tempo aveva già vinto, l’amore era finito, il sodalizio artisto pure, l’attrice aveva vendto.

Er präsentiert è la solita battaglia tra bellezza, insipienza e burocrazia. Es ist ein Dokumentarfilm über einen Tedesco-Regista, der die Geschichte der Villa nei circuiti von di tutto il mondo gebracht hat. Il Fai che prova a salvarla, sottoposta almeno a vincolo di salvaguardia dal ministero dei beni culturei. Qualche petizione. Nel transitorio, li si può immaginare lì, Monica, Michelangelo, con i loro amici, Tonino Guerra und Andrej Tarkovskij, a comparire e scomparire, nel loro eterno gioco a rimpiattino con le meravigliose insensatezze del mondo.

(Villa La Kuppel)

Helene Ebner

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